La chirurgia stereotassica sta attraversando un momento di grande effervescenza, caratterizzata dalla diffusione della neurostimolazione cerebrale per un ampio numero di indicazioni neurologiche e psichiatriche. Alle idee seguono i fatti, con sperimentazioni pilota, anche su casistiche piccole, che vengono portate avanti in diverse parti del mondo.
Attualmente le indicazioni (condivise o proposte) per la neurostimolazione cerebrale sono: malattia di Parkinson, distonia, tremori, epilessia, tic e sindrome di Gilles de la Tourette, disturbi ossessivo-compulsivi, depressione, anoressia e bulimia. Una lista piuttosto lunga di malattie che fa immaginare un futuro di pazienti, prevalentemente neurologici e psichiatrici, trattati con la stimolazione di una o più aree cerebrali, mediante pace-makers programmati da centri esperti e specializzati. Il riapparire delle indicazioni psichiatriche, poi, evoca le tradizioni difficili della psicochirurgia, ben riassunte nel film di Milos Forman Qualcuno volò sul nido del cuculo.
L'impianto di neurostimolatori è una metodica reversibile: in caso di necessità è possibile espiantare gli elettrodi, di norma senza che vi siano complicanze. L'efficacia della terapia, ad esempio nei pazienti con malattia di Parkinson, ne giustifica l'uso continuo, di norma per 24 ore al dì. Nei pazienti con malattia di Parkinson è stato osservato che, quando gli stimolatori si spengono accidentalmente, i sintomi possono tornare e causare un disagio molto forte ai pazienti. Si realizza, così, una particolare forma di dipendenza da questa terapia tecnologica, che richiede energia elettrica per funzionare. Con i nuovi stimolatori ricaricabili i pazienti dovranno assicurarsi di disporre di fonti energetiche a portata di mano. Si possono immaginare pazienti a corto di batterie, che cercano prese di corrente per ricaricarle: una scena degna di film di fantascienza! Si passa dalla dipendenza dalle pillole ad una nuova forma di dipendenza energetica, quella per le terapie tecnologiche. A differenza di molti stimolatori cardiaci, gli stimolatori cerebrali sono sempre attivi ed erogano correnti di una certa intensità che ne riducono l'autonomia.
Accanto ai potenziali sviluppi futuri, qui accennati nei loro spunti anche immaginifici, vi sono numerosi aspetti operativi che riguardano la pratica clinica attuale. La maggior esperienza sull'uso della neurostimolazione riguarda la malattia di Parkinson. Qui sono disponibili casistiche che raggiungono i 10 anni. Con l'accumularsi dell'esperienza si sono gradualmente consolidate linee guida e scelte operative condivise dai centri leader nel settore.
Ad esempio, una regola aurea è quella del "non troppo presto né troppo tardi". La neurostimolazione non è affatto un'ultima spiaggia, cioè una terapia da applicare ai casi non più curabili con le terapie mediche, come taluni pensano. Si tratta, invece, di una terapia di alto contenuto tecnologico, che va utilizzata per un numero ristretto di pazienti con forme tipiche di malattia di Parkinson. In questi casi, è possibile scegliere più di un'area del cervello in cui effettuare l'impianto, e in particolar modo: il nucleo subtalamico, il globo pallido interno e il nucleo peduncolopontino. La scelta del sito dell'impianto dipende da molti fattori ed è prevalentemente legata all'esperienza e agli interessi culturali del centro che effettua l'impianto. È necessario ricordare, però, che la migliore garanzia per i pazienti consiste nella scelta di siti di impianto di comprovata efficacia in rapporto ai sintomi che si vuole trattare.
Presso il nostro centro abbiamo la più lunga casistica italiana, sia a livello individuale che collettivo. Siamo stati i primi a descrivere gli effetti di tipo "dopaminergico" della neurostimolazione subtalamica e i disturbi psichiatrici osservati in alcuni di questi pazienti dopo impianto di neurostimolazione. Nel corso del tempo, il nostro modo di procedere si è affinato e perfezionato, potenziando la collaborazione tra neurologi, neurochirurghi, psicologi, psichiatri e altri specialisti. Un aspetto di grande importanza per ottenere risultati soddisfacenti consiste in una stretta selezione dei casi candidabili alla chirurgia. Dopo una prima valutazione in ambulatorio, i pazienti vengono rivisti a livello interdisciplinare per escludere la presenza di fattori che possano limitare le possibilità di successo dell'impianto. L'età non rappresenta un limite assoluto; ma i pazienti da noi impiantati di norma non hanno più di sessant'anni.
Questo filtro di selezione lascia molti pazienti fuori della lista dei candidati all'impianto e crea non poche delusioni. Di fronte ad un'ipotesi di terapia invasiva, quale la neurostimolazione, i pazienti generalmente si schierano in due categorie: coloro che - per paura o convincimento - non danno la propria disponibilità e quelli che - invece - desiderano fortemente sottoporsi all'intervento. Questi ultimi spesso non accettano di buon grado la nostra decisione di escluderli e talora cercano di ottenere l'impianto presso altri centri.
Oggi in Italia (e particolarmente in Italia del Nord e in Lombardia) esistono numerosi centri in grado di offrire terapie di neurostimolazione. Va detto che non tutti questi centri utilizzano i medesimi criteri di inclusione ed esclusione, né gli stessi criteri di selezione del sito cerebrale da impiantare. Mi è capitato di osservare pazienti che - da noi esclusi - abbiano effettuato un impianto presso altro centro. È successo anche che pazienti di questo tipo siano tornati da noi per gestire effetti collaterali conseguenti ad impianti effettuati altrove.
È auspicabile che, almeno in Lombardia, dove esiste il maggior numero di centri in grado di effettuare impianti di neurostimolazione, si giunga a condividere criteri operativi e casistiche di pazienti, in modo da offrire un servizio uniforme in questo ambito. È una strada che si sta appena iniziando a percorrere attraverso la costituzione della rete Parkinson della Lombardia.